III domenica di quaresima

La prima parte del vangelo di questa domenica fa riferimento a due fatti di cronaca che probabilmente ai tempi di Gesù avevano fatto scalpore:

1) Pilato aveva fatto uccidere alcuni Galilei che avevano sacrificato degli animali;

2) 18 persone erano morte sotto il crollo della torre di Siloe.

Sono fatti di cronaca simili a quelli che accadono sempre nella storia degli uomini e che continuano a succedere ancora oggi (pensiamo alla strage nella moschea o al crollo del ponte Morandi).

Solo che oggi nessuno di noi si sognerebbe di pensare che il fatto di essere la vittima di un crollo sia legato al peccato: oggi non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello il pensiero che chi è scampato sia meno colpevole di chi è morto. Pensiamo che il fatto di essersi trovati lì proprio in quel momento sia stata sfortuna, destino, caso, ma di certo non colpa.

Al tempo di Gesù invece non era così, tanto che la sua reazione di fronte a quelle notizie è stata quella di discostarsi dalla mentalità di allora che legava il destino infelice con la colpa. Gesù infatti dice: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico […] O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico».

Gesù, cioè, di fronte alla gente del suo tempo che pensava che dietro alle disgrazie capitate agli uomini ci fosse la mano di Dio, vuole chiarire che non è così: la disgrazia che mi capita non è legata ad una punizione, così come la disgrazia che capita ad un altro.

Mi chiedo se la dura lotta che ha combattuto Gesù istante per istante in tutta la sua vita per farci capire che Dio non infligge disgrazie a nessuno (nemmeno a chi se le merita, figuriamoci a chi non se le merita) abbia avuto successo.

Nessuno di noi infatti pensa che essere vittima di un crollo sia attribuibile ad una colpa, ma quanti invece continuano a pensare che, colpa o non colpa, ci sia lo zampino di Dio? Per lo meno che sia colpevole il suo mancato intervento: perché ha permesso che quelle persone innocenti morissero?

O per un verso o per l’altro la questione non è sostanzialmente cambiata: ai tempi di Gesù si diceva che chi subiva una disgrazia era colpevole, cioè riceveva una punizione da Dio per le sue colpe; si “salvava” la faccia di Dio, attribuendogli il ruolo del boia che applicava la legge “colpa-punizione”, dura lex, sed lex (dura legge, ma legge). Oggi distrutto (grazie a Gesù) il legame disgrazia-colpa, l’immagine di Dio non ne esce molto migliorata: se chi è vittima di una disgrazia non lo è perché colpevole, beh, allora perché lo è? Perché Dio lo vuole? Allora Dio è un boia (e nemmeno “giusto”, perché sceglie le sue vittime a caso). Oppure le disgrazie non sono decise da Dio? Ma allora perché lascia che accadano?

A mio parere, le disgrazie accadono perché il mondo e la storia sono creature che Dio ha deciso di non manipolare: se Dio entrasse ad aggiustare il mondo o ad aggiustare la storia essi semplicemente smetterebbero di esistere.

Ad ogni modo ciò che a Gesù pare interessare più di ogni altra cosa non è tanto salvare la faccia a Dio, ma fare in modo che le persone non vengano umiliate in nome di una falsa identità di Dio. Se di Dio si pensa che sia un boia (un boia addirittura “giusto”), è facile schierarsi dalla sua parte e mettersi a giustiziare, umiliare, perseguitare i “nemici di Dio”, i colpevoli, i peccatori, i disgraziati, gli imperfetti…

Ecco perché Gesù è così radicale nel distruggere il legame peccato-disgrazia, peccato-malattia, peccato-povertà, ecc… La disgrazia, la malattia, la povertà non sono conseguenza del peccato. Perciò il disgraziato, il malato, il povero non vanno biasimati, colpevolizzati e maltrattati, ma anzi – ecco la nuova immagine di Dio che Gesù propone! – sono particolarmente cari al Signore.

Ma resta un problema.

Nel vangelo di oggi Gesù dice per due volte: «se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Cosa significa? Che se non ci confessiamo faremo tutti una brutta fine?

Io credo di no: credo che Gesù intendesse dire che la morte può risultare assurda non solo per chi è vittima di una disgrazia, ma per chiunque ci arrivi senza aver vissuto bene la sua vita. Convertirsi allora vuol dire cambiare mentalità su Dio, sugli altri, sul senso dello stare a questo mondo, e quindi cambiare vita in modo da arrivare alla fine contenti della nostra esistenza.

Altrimenti avrebbe ragione il Chimico di De Andrè che dice: «Cosa c’è di diverso nel vostro morire?».

Solo la morte m’ha portato in collina un corpo fra i tanti a dar fosforo all’aria per bivacchi di fuochi che dicono fatui che non lasciano cenere, non sciolgon la brina. Solo la morte m’ha portato in collina.

Da chimico un giorno avevo il potere di sposare gli elementi e di farli reagire, ma gli uomini mai mi riuscì di capire perché si combinassero attraverso l’amore. Affidando ad un gioco la gioia e il dolore.

Guardate il sorriso guardate il colore come giocan sul viso di chi cerca l’amore: ma lo stesso sorriso lo stesso colore dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore. Dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore.

È strano andarsene senza soffrire, senza un voto di donna da dover ricordare. Ma è fosse diverso il vostro morire vuoi che uscite all’amore che cedete all’aprile. Cosa c’è di diverso nel vostro morire.

Primavera non bussa lei entra sicura come il fumo lei penetra in ogni fessura ha le labbra di carne i capelli di grano che paura, che voglia che ti prenda per mano. Che paura, che voglia che ti porti lontano.

Ma guardate l’idrogeno tacere nel mare guardate l’ossigeno al suo fianco dormire: soltanto una legge che io riesco a capire ha potuto sposarli senza farli scoppiare. Soltanto la legge che io riesco a capire.

Fui chimico e, no, non mi volli sposare. Non sapevo con chi e chi avrei generato: Son morto in un esperimento sbagliato proprio come gli idioti che muoion d’amore. E qualcuno dirà che c’è un modo migliore.

https://www.bing.com/videos/search?q=un+chimico+de+andr%c3%a8+testo&&view=detail&mid=55E1B28CD80185B96CCF55E1B28CD80185B96CCF&&FORM=VRDGAR

Letture

Dal libro dell’Èsodo (Es 3,1-8.13-15)

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele». Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 10,1-6.10-12)

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

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2 commenti

  1. Il crollo del ponte mora e la strage della moschea
    Perché è successo? Ci saranno dei responsabili?
    Ho sempre pensato che ci sono due giustizie:
    quella civile e penale la legge fatta dal legislatore cioè dall’uomo;
    poi quella divina alla fine dei tempi o sbaglio? O Dio è misericordioso perdona tutti vanno in Paradiso.
    Il male esiste; è il Diavolo che incita l’uomo a fare il male o sbaglio?
    come si combatte il male?
    Attendo commento.
    Grazie.
    Emilio.

    1. Gentile Emilio,
      grazie del tuo commento. Sono convinta anch’io che esistano due giustizie. Non credo che dire che Dio sia misericordioso voglia dire che noi uomini non dobbiamo rispondere delle nostre responsabilità storiche. E pertanto mi auguro che chiunque compia il male sia aiutato dalla società civile a fermarsi e a fare un percorso che reinstradi nel rispetto delle regole del vivere comune. Credo però che non sia colpevolizzando che si ottengano i risultati migliori, ma reinvestendo sulle persone. Per esempio questo lo si vede chiaramente nei bambini, che per diventare uomini non hanno bisogno di umiliazioni (che li farebbero solo rattrappire umanamente), ma di persone che li amino e credano in loro, soprattutto quando sbagliano.
      Da questo punto di vista credo che il vangelo sia un’ottima scuola, che ci ricorda che Dio continua a guardare come suoi figli anche i più disgraziati.
      Se anche noi imparassimo a guardare ad ogni persona come ad un nostro figlio, forse anche il nostro modo di esercitare la giustizia sarebbe più efficace nel restituire a chi ha sbagliato la possibilità di una vita buona.
      Chiara

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