Santissimo corpo e sangue di Gesù

Domenica la chiesa celebra la festa del Corpus Domini, cioè del corpo del Signore.

È significativo che immediatamente dopo le solennità di Pasqua, dell’ascensione e della pentecoste, in cui in qualche modo si faceva memoria della sparizione del corpo di Gesù e dunque della sua assenza (o – detto altrimenti – della sua presenza in spirito), la comunità credente senta il bisogno di rimettere al centro questo corpo.

Certo, lo si fa attraverso quei segni, il pane e il vino, che Gesù stesso ha indicato come segni della sua memoria, eppure non si può dimenticare che – appunto – essi sono segni del suo corpo e del suo sangue, cioè della sua corporeità, della sua temporalità, della sua storicità.

Le diatribe ecclesiali sulla presenza reale nel pane e nel vino hanno portato ad una concentrazione un po’ assolutizzata sul pane e sul vino consacrati, lasciando un po’ in secondo piano il loro rimando alla vita di Gesù: per paura che il pane e il vino consacrati venissero in qualche modo derubricati a semplici rappresentazioni in sé un po’ inconsistenti, si è calcata la mano sulla loro effettiva valenza di corpo e sangue di Cristo (con la teoria della transustanziazione e l’affermazione che non ammette distinguo della presenza reale).

In questo contesto, ciò che mi pare sia rimasto un po’ dimenticato è il rimando di questi segni al corpo e al sangue storici di Gesù. Egli infatti, durante l’ultima cena, ha provato a spiegare in anticipo – con i segni del pane spezzato e del vino versato – ciò che il giorno dopo sarebbe accaduto al suo corpo e al suo sangue fisici.

Dico questo non per alimentare un piagnucoloso quanto sterile dispiacere per quanto è accaduto a Gesù (che spesso ha favorito interpretazioni scorrette della sua rivelazione: come se essa ci avesse consegnato un rapporto con Dio da eterni colpevoli, il cui unico atteggiamento deve essere quello della sottomissione, speranzosi in un suo muoversi a pietà di cui non si può essere mai sicuri, data l’inestimabile offesa e dunque la giusta indignazione), ma per invogliare a non limitarsi all’assolutizzazione del pane e del vino consacrati e provare a fare un passo ulteriore: essi sono segni di un’altra corporeità, quella di Gesù, che è molto più complessa e ampia del gesto (pur fondamentale) dell’ultima cena.

La sua corporeità implica innanzitutto la scelta di Dio di farsi carne, di farsi uomo, di mettersi nelle mani degli uomini e delle donne, come neonato prima di tutto, ma poi come ragazzo, come uomo… Dio in Gesù è una corporeità che ha mangiato, ha accarezzato, ha parlato, ha sentito…

Festeggiare il corpus Domini è allora festeggiare tutta la corporeità che Gesù è stato, tutta la storia che ha incarnato. È – ancora una volta – l’occasione per scoprire chi è il Dio che ci ha fatto conoscere.

Letture:

Dal libro della Genesi (Gn 14,18-20)

In quei giorni Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». Abram gli diede la decima di tutto.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 11,23-26)

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Dal vangelo secondo Luca (Lc 9,11-17)

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a compare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

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