XXII domenica del tempo ordinario

Le letture di questa domenica affrontano il tema della fede nella risurrezione.

La prima lettura ci presenta la straziante fine che fanno sette fratelli nel libro dei Maccabei per la loro caparbietà nel rimanere fedeli alla legge dei padri. La loro speranza è la risurrezione, che gli dà la forza per affrontare i tormenti e la morte.

Nel vangelo la questione della risurrezione è posta attraverso la presentazione di una discussione tra Gesù e i sadducei, un gruppo sociale della Palestina di 2000 anni fa. I sadducei erano persone di alto rango (i loro rappresentanti sedevano nel sinedrio, il tribunale religioso ebraico), ricche, che, pur non essendo felici di essere sotto la dominazione dei romani, collaboravano con loro, per limitare i danni (o avere garantito qualche privilegio).

Dal punto di vista religioso si distinguevano dal gruppo dei farisei proprio perché – a differenza di questi ultimi (e di Gesù) – non credevano nella risurrezione dei morti.

Da qui nasce il loro tentativo di screditare Gesù, attraverso il tranello logico della moglie che rimane vedova di sette mariti (sette fratelli), senza avere figli da nessuno.

Nella legislazione ebraica infatti era previsto che se un uomo moriva senza figli, la vedova dovesse essere sposata dal fratello del defunto, in modo da assicurargli una discendenza.

Dato lo strano caso che i sadducei presentano a Gesù, la domanda finale pare senza sbocco: «La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?».

L’intenzione screditante dei sadducei è chiara: vogliono portare chi li ascolta alla conclusione per cui credere alla risurrezione sarebbe un’assurdità, anche perché si creerebbero problemi di appartenenza (di chi sarà questa donna nella risurrezione?).

La risposta di Gesù – come spesso accade – rompe l’accerchiamento in cui la domanda lo pone e apre nuovi scenari: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito».

Al di là della connotazione coniugale dei risorti, ciò che più di tutto emerge è il fatto che Gesù credesse nella risurrezione.

Come visto, fra gli ebrei c’era un dibattito in proposito e l’idea che i morti risorgessero era relativamente nuova all’interno della fede di Israele (solo a partire all’incirca dal II secolo a.C. si era fatta strada questa idea).

Per noi la questione è interessante perché, dopo molti secoli in cui la risurrezione (almeno nel nostro occidente cattolico) era data per scontata, oggi sempre più persone si definiscono atee o agnostiche e anche all’interno della cerchia dei credenti molti – su questo punto – hanno delle riserve.

Sarebbe importante dunque andare oltre il semplice ribadire la propria fede nella risurrezione, a volte anche in maniera un po’ contrappositiva con chi la pensa diversamente, e provare a scavare un po’ più a fondo: quali sono le ragioni della nostra convinzione? Quali erano quelle di Gesù? Come pensiamo questo evento? Come lo pensava Gesù?

In questo modo i dibattiti sulle questioni di fede diventerebbero l’occasione non per una sterile polemica, ma per una maggiore consapevolezza di ciò in cui si crede. Come sarebbe interessante infatti una tavola rotonda libera e liberata (dalla paura di sbagliare, di dire eresie, di passare per increduli) tra cristiani sulla risurrezione… Se non si ha la possibilità di farlo con una cerchia di amici, o in una comunità, potrebbe già essere utile farlo in famiglia, o per lo meno con se stessi. Andare al di là dell’ovvio, di ciò che si dà per scontato da quando si è bambini, ci aiuterebbe a diventare credenti maturi.

Letture:

Dal secondo libro dei Maccabei (2Mac 7,1-14)

In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». Allora il re irritato comandò di mettere al fuoco teglie e caldaie. Appena queste divennero roventi, il re comandò di tagliare la lingua a quello che si era fatto loro portavoce, di scorticarlo e tagliargli le estremità, sotto gli occhi degli altri fratelli e della madre. Dopo averlo mutilato di tutte le membra, comandò di accostarlo al fuoco e di arrostirlo quando ancora respirava. Mentre il fumo si spandeva largamente tutto intorno alla teglia, gli altri si esortavano a vicenda con la loro madre a morire da forti, dicendo: «Il Signore Dio ci vede dall’alto e certamente avrà pietà di noi, come dichiarò Mosè nel canto che protesta apertamente: “E dei suoi servi avrà compassione”». Venuto meno il primo, allo stesso modo esponevano allo scherno il secondo e, strappatagli la pelle del capo con i capelli, gli domandavano: «Sei disposto a mangiare, prima che il tuo corpo venga straziato in ogni suo membro?». Egli, rispondendo nella lingua dei padri, protestava: «No». Perciò anch’egli subì gli stessi tormenti del primo. Giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «E` preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita”.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi (2Ts 2,16-3,5)

Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata come lo è anche tra voi e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele; egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno. Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

Da vangelo secondo Luca (Lc 20,27-38)

In quel tempo, gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

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