Questa domenica inizia il tempo di Quaresima, il periodo di quaranta giorni in cui ci si prepara alla celebrazione della Pasqua.
Come di consueto, il vangelo proposto è quello delle tentazioni nel deserto, quest’anno nella versione di Luca che – come è noto –, rispetto a Matteo, inverte l’ordine delle ultime due.
La scansione è perciò la seguente:
1) La tentazione di trasformare le pietre in pane;
2) Quella legata al potere e alla gloria;
3) Quella formulata sul punto più alto del tempio.
Potremmo parafrasarle come la tentazione magica, quella politica e quella religiosa.
Esse sono intimamente legate e fanno tutte riferimento alla questione “Chi è Dio?” e “Chi sono io? / Chi voglio essere?”.
Andiamo con ordine.
Innanzitutto concentriamoci sull’incipit della prima e della terza: «Se tu sei Figlio di Dio…».
Il tentatore mette in discussione l’identità del tentato (in questo caso Gesù), ponendo una domanda ipotetica: «Se sei…». Cioè insinuando che “potrebbe anche non essere” Figlio di Dio.
Contemporaneamente però mette in discussione l’identità di Dio.
È un po’ come se dicesse: ammettiamo pure che tu sia Figlio di Dio… allora – visto che hai fame – trasforma le pietre in pane. Cioè – ammettendo che sei Figlio di Dio – usa i poteri che questa tua identità ti dà e risolvi magicamente i problemi.
Oppure (terza tentazione), ammettendo che tu sia Figlio di Dio, dimostrami che hai così tanta fiducia in tuo Padre, da gettarti giù dal punto più alto del tempio. Non ti lascerà certo morire, ma manderà i suoi angeli a salvarti.
All’opera vi sono quindi almeno due piani sui quali la prima e la terza tentazione lavorano: la propria identità e quella di Dio, che viene implicitamente identificato con qualcuno che potrebbe risolvere magicamente i problemi (e allora perché non lo fa?) e che chiede una fiducia cieca, un rapporto in cui non vi è relazione.
Provo a spiegarmi: il Dio che ha in mente il tentatore non ha un volto, non è un compagno di vita, non è un interlocutore.
È un concetto vuoto cui si attribuiscono alcune caratteristiche: l’onnipotenza magica (che non tiene conto della libertà altrui e della storia – perché salta il tempo, che è la sostanza della storia) e l’operare automaticamente / meccanicamente (dire infatti che se è Padre, salverà il figlio che si butta, significa chiudere l’operare di Dio in un sillogismo deterministico).
Vi è poi la tentazione centrale, quella in cui Dio non compare, perché il tentatore vuole sostituirsi a Lui: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la dò a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo».
Qui la tentazione è quella di “cambiare Dio”, passare a un altro dio, che in cambio promette potere e gloria: «Tutto sarà tuo!».
L’implicazione con la tentazione sulla propria identità è chiara: vuoi essere potente, glorioso e avere tutto? Insomma, chi vuoi essere?
Le risposte di Gesù sono altrettanto interessanti, perché mostrano la sua convinzione di essere davvero Figlio di Dio e, contemporaneamente, di quale Dio ritiene di essere figlio.
Innanzitutto non di un Dio magico: «“Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Questa risposta è diventata un modo di dire e solitamente lo si usa quando si vuole intendere che all’essere umano non basta riempire la pancia, c’è altro oltre al pane.
Forse, però, c’è un’altra possibile lettura: «“Non di solo pane vivrà l’uomo”» può anche significare che nella relazione con Dio si può trovare qualcosa d’altro rispetto alla soluzione magica dei propri problemi. È molto umano invocare Dio quando si è in difficoltà, ma con Lui si può costruire una relazione di altro tipo, che superi la concezione impersonale dell’erogatore di miracoli.
Inoltre, nella seconda e terza risposta («Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”»; «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”»), Gesù rifiuta di “cambiare Dio” e ribadisce che la relazione con Lui è leale: in una relazione autentica non ci si mette alla prova, si vive nella fiducia (non cieca, ma radicata nella storia costruita insieme), la fiducia che l’altro/a ci sarà per me, quando ne avrò bisogno, senza inscenare pericoli solo per testare la sua premura.
A partire da queste risposte, si possono capire anche le scelte di Gesù rispetto a se stesso: non sarà una persona magica, non sarà una persona di potere, che cerca la gloria personale, e non sarà un insicuro che ha bisogno di testare l’amore di Dio: sarà piuttosto una persona che vive la storia (non la salta), che metterà al centro della sua esistenza la compassione e la condivisione (a costo di subire umiliazioni e sconfitte), sarà una persona radicata nella relazione fiduciosa con un Dio-interlocutore reale. Una relazione costruita nel tempo e che quindi si fa storia.