Questa settimana ricomincia il tempo ordinario che ci accompagnerà fino al prossimo avvento.
Abbiamo, dunque, davanti diversi mesi per concentrarci sulla vita di Gesù così come si è dipanata tra l’inizio della sua missione con il battesimo al Giordano e gli eventi della sua passione, morte e risurrezione (sui quali ci siamo soffermati in quaresima e nel tempo di Pasqua).
Tuttavia, il tempo ordinario inizia con la celebrazione di tre festività particolari: due che ci accompagnano ogni anno (la Trinità e il Corpus Domini) e una (quella dei santi Pietro e Paolo) che quest’anno cade di domenica.
Prima di tornare alla vita pubblica di Gesù, abbiamo pertanto di fronte ancora qualche settimana “poco ordinaria” e, in particolare, come anticipato, in questa domenica la liturgia ci presenta la solennità della santissima Trinità.
La fede dei cristiani, infatti, si è strutturata intorno alla concezione di un unico Dio in tre persone.
La genesi di questo dogma è complessa e risale ai primi secoli di vita cristiana, trovando nel Concilio di Nicea (325) e in quello di Costantinopoli (381) i due momenti principali.
Tuttavia i Concili raccolgono la riflessione che li precede e, a loro, volta alimentano una rimeditazione successiva, cosicché la fede intorno al Dio trinitario si è via via arricchita, attingendo alla forma mentis delle varie generazioni cristiane, alla filosofia cui facevano riferimento e alla cultura che li circondava.
Tant’è che, oggi, persi quei riferimenti filosofico-culturali è diventato piuttosto complesso per le persone di fede cristiana rendere ragione del significato della Trinità.
Ciò che, tuttavia, può aiutarci è prendere coscienza del fatto che se le varie stagioni della teologia e della fede della Chiesa si sono interrogate circa il Dio trinitario, è solo perché vi era un dato originario: ovvero, il fatto che nel Nuovo Testamento si parli di Padre, Figlio e Spirito santo.
In qualche modo, perciò, al di là della formulazione dogmatica – che può risultarci difficile perché legata a un’epoca filosofico-culturale diversa e lontana dalla nostra – ciò che è centrale è ripartire dal dato neotestamentario.
Il vangelo di questa domenica (così come la seconda lettura) è un chiaro esempio di questa attestazione.
Il brano è tratto dal lungo discorso che l’evangelista Giovanni fa pronunciare a Gesù la sera del suo arresto.
Ebbene, rivolgendosi ai discepoli, Egli fa esplicitamente riferimento allo Spirito e al Padre, così come accade in tanti altri passi neotestamentari.
Il dato di partenza è pertanto che Gesù stesso ci ha parlato di Dio Padre e dello Spirito santo.
Un altro aspetto che potrebbe aiutarci a non disperderci in mille ragionamenti inconcludenti è quello di focalizzare la nostra attenzione non tanto su cosa significhi che Dio è Trinità in sé (la cosiddetta Trinità immanente), ma provare a indagare chi il Dio trinitario sia in relazione a noi (la cosiddetta Trinità economica).
Da questo punto di vista il discorso si fa più interessante, perché se nella nostra vita rischia di risultare poco significativo sapere che Dio è uno e trino, riflettere sulla nostra relazione col Padre, col Figlio e con lo Spirito santo è assai più decisivo.
In questa solennità, percepita come piuttosto ostica, credo sia significativo chiederci chi siano per noi queste tre persone, non solo in termini emotivi, ma anche in termini storico-salvifici, alla ricerca delle radici di noi stessi (originati, salvati, accompagnati…).