Con il vangelo di oggi raggiungiamo, a mio parere, uno dei vertici della proposta di Gesù.
Purtroppo secoli di predicazione moralistica ci hanno fatto perdere il gusto per alcune delle espressioni contenute nel testo odierno.
“Porgi l’altra guancia” – per esempio in situazioni di violenza domestica – è divenuta ad un tempo invito a subire in silenzio (da parte di chi predicava) e oggetto di contestazione in chi si ribellava ai soprusi (“Non ho più guance da porgere”): un atteggiamento, quest’ultimo, addirittura tacciato di poca evangelicità (“Non sei capace di porgere l’altra guancia?”) da coloro che «legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente» (Mt 23,4).
Estrapolare frasi del vangelo e farle diventare slogan da proporre a pie’ sospinto è uno dei modi peggiori per tradirne il messaggio.
Proviamo dunque a rileggere le parole che Gesù pronuncia (si tratta della continuazione del discorso delle beatitudini che abbiamo ascoltato settimana scorsa), senza farci influenzare da tutto ciò che si è sedimentato in noi a loro riguardo, le cose che ci hanno detto, che abbiamo sentito… Proviamo a rileggerlo come fosse la prima volta:
«A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dá a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo».
L’impatto di queste parole è forte. Esse delineano un modo di stare al mondo inconsueto, che va contro il buon senso, lo spirito di conservazione, il naturale istinto a proteggersi.
È duro da dire, ma sono parole contro natura.
La chiesa che si riempie la bocca di questa espressione quando vuole condannare le persone della comunità LGBTQ+, dovrebbe fare attenzione ad usarla, perché il primo che ha proposto all’umanità di andare contro la propria natura è proprio Gesù di Nazareth.
Egli infatti non è venuto a proporre dei buoni consigli morali, a fare un restyling della religiosità umana, a darci una pacca sulla spalla… Gesù ha inteso piuttosto proporre un nuovo modo di essere umani, un superamento del modo naturale di essere uomini e donne.
Non si tratta infatti di fare, come è naturale che sia, il bene ai nostri: «Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto».
La “sfida” di Gesù è invece quella di provare ad andare oltre se stessi, oltre il modo di sempre di abitare questa terra e provare a essere umani in modo nuovo, superando la soglia dell’istintivo, del naturale, dell’ovvio: «Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla».
Questa proposta suscita tante reazioni (oggi come allora) e immediatamente ci salgono in gola una serie di obiezioni (Com’è possibile? Se vivi così, muori dopo un giorno… Cerchiamo di non essere troppo radicali, ecc…).
Esse non vanno messe a tacere ed è giusto, una alla volta, prenderle in mano, vedere che paura nascondono, rispondere, rendere ragione prima di tutto a noi stessi.
Ma prima che ognuno si immerga in queste riflessioni personali e provi a districarsi tra le sue personalissime contestazioni interiori, ciò che mi preme è che ci soffermiamo sulla proposta di Gesù.
Scappare in avanti per prendersi cura delle nostre reazioni alla sua proposta è infatti un modo come un altro per “scappare in avanti”, cioè non soffermarsi su di essa.
Prima di vedere cosa essa ci scatena nel cuore, se siamo disposti a provarci o se vogliamo lasciar perdere, prima di crogiolarci tra sensi di colpa ed esaltazioni ingenue, fermiamoci alla proposta, in modo da capire bene chi è Gesù e cosa ha inteso fare con noi: rivelarci che è possibile un altro modo di vivere la vita, di stare in questo mondo, di essere umani.
È possibile fare/essere diversamente.
Questa è la proposta.
Non annacquiamola, presso noi stessi o nel raccontarla agli altri / alle altre.
Di questo si tratta.
Solo quando questo ci sarà ben chiaro, potremo procedere a decidere che fare, chi essere. Se tentare il “salto oltre la soglia” o rimanere al di qua.