XXVI domenica del tempo

Il brano di vangelo di questa domenica ci presenta una parabola di Gesù: è una storia inventata che ha lo scopo di veicolare un messaggio.

Non si tratta dunque di una dissertazione di Gesù sull’aldilà, sul paradiso e sull’inferno o cose simili (argomenti dei quali infatti Egli non parla mai), ma di una storia in cui al centro c’è – come molte altre volte – la questione della ricchezza.

Gesù racconta una storia il cui finale stupiva non poco chi lo ascoltava: il povero Lazzaro finisce in gloria, il ricco invece fa una brutta fine.

Perché questo esito sconvolgeva i suoi ascoltatori? Perché nella mentalità di allora la ricchezza equivaleva ad una benedizione di Dio, la povertà ad una punizione. Ecco dunque l’iniziale incomprensione degli interlocutori di Gesù: com’è possibile che Lui, che si fa portatore del messaggio di Dio, parli male di un ricco, di uno cioè benedetto da Dio? E com’è possibile che parli bene di un poveraccio?

Certo, è vero che nella parabola ciò che è stigmatizzato non è semplicemente la ricchezza, ma anche l’indifferenza del ricco nei confronti di Lazzaro, ma – in fin dei conti – è così sbagliato disinteressarsi di uno che, se è povero, lo è perché Dio lo vuole? Perché lui o la sua famiglia hanno peccato?

È precisamente questo ragionamento che Gesù vuole biasimare, raccontando la sua parabola.

Ancora una volta lo scopo non è primariamente morale (“Bisogna aiutare i poveri”), ma teologico: Gesù sta dicendo che non è vero che se uno è ricco lo è perché Dio lo sta premiando per il suo corretto comportamento e se uno è povero lo è perché Dio lo sta punendo per il suo scorretto comportamento.

Dio non è così: questo è il messaggio della storia. Ed è questo che crea disorientamento in chi la ascolta: Dio non è come l’avevamo immaginato, Dio non è come ci hanno insegnato.

Ma se cambia l’idea di Dio, cambia anche il quadro di riferimento della vita: se la diseguaglianza tra ricchi e poveri non è giustificata da Dio, perché deve esistere?

È chiaro che un ragionamento di questo tipo non piaceva ai ricchi, che vedevano minacciata la loro situazione di privilegio… Ecco perché saranno tra i fautori della morte di Gesù, perché lui, con la sua idea di Dio, metteva in discussione l’ordine costituito.

Forse oggi nessuno pensa più – almeno fra i cristiani – che i ricchi siano ricchi perché Dio li ha benedetti e i poveri siano poveri a causa dei loro peccati, ma non si può dimenticare che la Chiesa per secoli ha predicato ai poveri la sopportazione della loro indigenza perché voluta da Dio, giustificandola col fatto che l’esistenza della povertà serviva per muovere a buone azioni i benestanti.

Ai nostri giorni di tutto questo è rimasta in piedi la parte più nobile di questi insegnamenti: i poveri vanno aiutati, non si può essere indifferenti.

Ma la ripetizione di queste indicazioni morali, non fondate sulla novità del volto di Dio che Gesù ha proposto, ha finito per essere una “tiritera” sempre più snobbata.

Certo che i poveri vanno aiutati, ma bisogna anche saper rendere ragione del perché.

Non può essere un diktat calato dall’alto, che nella nostra società pluralista diventa solo un’opinione tra le tante.

Ma i cristiani sanno fondare le loro posizioni?

Letture:

Dal libro del profeta Amos (Am 6,1.4-7)

Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla. Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali; bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano. Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (1Tm 6,11-16)

Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni. Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile: nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo. A lui onore e potenza per sempre. Amen.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 16,19-31)

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

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