Commento al vangelo della XXIII Domenica del tempo ordinario: Fattibilità dell’impresa

Il vangelo di questa domenica contiene le due famose immagini della costruzione di una torre e del re che deve partire in guerra.

I due esempi sono narrati per dire che, prima di affrontare un’impresa, è importante valutarne la fattibilità: «Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine?»; «Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?».

Questi esempi servono a far capire che – qualunque sia l’impresa – è importante valutare se si è in grado di portarla a termine.

Non si tratta però di un mero consiglio di buon senso che Gesù sta dando a chi lo segue.

Le sue parole, infatti, hanno un riferimento ben preciso: l’impresa di cui bisogna valutare la fattibilità è l’essere suoi discepoli.

Se per costruire una torre bisogna prima calcolare la spesa e vedere se è sostenibile, se per partire in guerra bisogna prima esaminare quanti uomini si hanno a disposizione e quanti ne ha il nemico, per essere discepoli di Gesù bisogna giudicare se si è disposti a rinunciare a tutti i propri averi e ad amarlo più di quanto amiamo il «padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita».

Di fronte a una situazione del genere, credo che la maggior parte di noi, rinuncerebbe all’impresa.

Il discorso di Gesù vuole proprio portarci a questo: prendere coscienza che l’impresa di essere suoi discepoli è qualcosa di molto serio, compromettente, radicale.

Perché Gesù dice queste cose?

Non sarebbe stato meglio essere un po’ più morbido?

Non gli faceva piacere avere una «una folla numerosa» che andava con lui?

Non si rendeva conto che – così facendo – avrebbe scoraggiato i più (addirittura forse tutti)?

Io credo che il suo timore fosse quello di essere circondato da persone entusiaste, ma coinvolte solo superficialmente, non disposte – alla lunga – a cambiare la propria vita, le proprie priorità, i propri orizzonti di senso, a mettere in discussione la propria economia, la propria appartenenza al clan familiare, le proprie sicurezze.

Ecco perché pronuncia parole così radicali: vuol che la gente (e noi oggi) comprendiamo che essere suoi discepoli non può semplicemente essere una delle tante attività della nostra vita.

Per fare un esempio sciocco: un conto è la ragazzina che due volte a settimana fa il corso di nuoto, un conto è Federica Pellegrini, che ha impostato tutta la sua esistenza (cioè il tempo delle sue giornate, le sue preoccupazioni, le sue gioie, ecc…) sul nuoto.

Gesù vuol farci capire che non si può essere suoi discepoli come si va un paio di volte alla settimana in piscina; essere suoi discepoli vuol dire impostare tutta la propria vita sul suo vangelo.

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