III Domenica del tempo ordinario – commento – pescare umani?

Settimana scorsa la liturgia ci ha introdotto nella vita pubblica di Gesù attraverso il vangelo di Giovanni; questa settimana, invece, assistiamo ai suoi primi passi dopo il battesimo al Giordano, seguendo l’evangelista Marco.

Gli elementi da notare sono:

l’arresto di Giovanni Battista

il ritorno di Gesù in Galilea

l’inizio dell’annuncio

la chiamata dei primi quattro discepoli.

Riguardo all’arresto di Giovanni, Marco qui non dà nessuna indicazione. Lo farà più avanti, al capitolo 6 del suo vangelo, quando – narrando l’esecuzione capitale del Battista – specificherà: «Proprio Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: “Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello”» (Mc 6,17-18).

Non sappiamo se all’origine della carcerazione di Giovanni ci fosse il fastidio che Erodìade provava nei suoi confronti, a causa delle critiche che egli muoveva alla sua relazione con Erode, o ci fosse più semplicemente l’avversione del potere politico per un contestatore del sistema. Ad ogni modo, ciò che a noi interessa è che, dopo questo arresto, Gesù iniziò la sua predicazione.

E la iniziò – secondo elemento – in Galilea. Non in Giudea, dove era stato battezzato, ma in Galilea, nella sua terra natia, nella sua regione, quella di Nazareth, di Cafàrnao, del Lago di Tiberiade, ecc…

La prima parte della vita pubblica di Gesù si svolge infatti qui, al nord della Palestina, e comincia dalle rive del “Mare di Galilea”, che è quello che poc’anzi abbiamo chiamato “Lago di Tiberiade”.

Era chiamato “mare”, ma era un lago molto pescoso, chiamato anche “Lago di Gennèsaret” (Tiberiade e Gennèsaret erano le più importanti città costiere di questo bacino d’acqua: altri paesi “famosi” intorno alle rive del lago erano, per esempio, Cafàrnao, dove risiedeva Pietro e dove Gesù si stabilirà per un certo periodo, e Betsaida, la città natale di Pietro).

È proprio «passando lungo il mare di Galilea» che Gesù «vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti; erano infatti pescatori». È a loro che rivolge l’invito: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». Come sappiamo, essi «subito lasciarono le reti e lo seguirono», come – immediatamente dopo – faranno anche Giacomo e Giovanni.

La promessa di Gesù, della quale queste due coppie di fratelli si fidano, tanto da cambiare vita (come Gesù aveva cambiato la sua, siglando questa scelta col battesimo al Giordano, anche le persone che lo incontrano sono coinvolte in questa dinamica di trasformazione della propria vita)… la promessa – dicevo – è quella per cui sarebbero diventati “pescatori di uomini”.

Se non fosse una locuzione fin troppo nota, ci accorgeremmo di quanto essa risulti suggestiva: promettere a dei pescatori di arrivare a pescare uomini. Pescarli dove? E per farne cosa?

Saper rispondere a queste domande è fondamentale, perché noi stessi – in qualche modo – siamo stati “pescati” con la rete del vangelo e dei suoi seguaci, altrimenti non saremmo qui a leggere. Ognuno di noi – anche se magari non del tutto credente o convinto o disposto a fare chissà che cosa – però comunque si è lasciato interpellare dal vangelo, dalla vicenda di Gesù: tutti noi, cioè, siamo stati raggiunti dalla notizia della sua esistenza, della sua vita, della sua morte, di ciò che ha detto, di ciò che ha fatto.

Tutti siamo stati, a nostro modo, “pescati”, raggiunti dalla sua parola.

Ed eccoci all’ultimo elemento (che nell’elenco avevo messo per terzo, ma poi mi è venuto meglio parlarne per quarto…): sebbene tutti siamo stati raggiunti dalla “notizia-Gesù”, non tutti siamo stati raggiunti da una corretta narrazione di questa notizia.

Molti – ancora oggi – pensano che la “notizia-Gesù” sia una pessima notizia, una cattiva notizia, una notizia di sventure: “Andrai all’inferno”, “Se non ti comporterai bene, Dio ti punirà”, “Non toccare, non toccarti e non farti toccare”. Oppure una notizia inutile e pure un po’ fastidiosa: “L’importante è andare a messa”, “Fai un’offerta ogni tanto…”, “Hai acceso la candelina alla Madonna?”.

Ecco questo è il punto: il senso del messaggio di Gesù, che – se ci pensate – era la cosa più importante che l’umanità doveva custodire, è stato invece travisato, tradito, mal predicato, manipolato per interesse, reso insignificante.

È necessario allora tornarci su. Lo faremo lungo tutto quest’anno, ma – per cominciare – proviamo a vedere cos’ha detto in Galilea, dopo l’arresto di Giovanni: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo», cioè – tradotto nel nostro linguaggio – “è giunta l’ora ics, l’ora cruciale, Dio è vicino, sta arrivando; giratevi, accorgetevene, guardate, e fidatevi di questa bella notizia”.

Allora, innanzitutto, ciò che Gesù ha annunciato non sono brutte notizie, notizie di sventura, notizie fastidiose o notizie insignificanti. Quello che doveva dirci (e continua a dirci) è una notizia bella, una buona notizia: Dio è vicino, Dio ci è vicino.

E – per chiarire ancora meglio, per rassicurare quelli che magari sentendosi dire che Dio è vicino, si fanno prendere dalla paura (Cosa vorrà Dio da me? Gli andrò bene così come sono? Oddio… lui è Dio!!!) – dice esplicitamente “Stai tranquillo, è un vangelo, è una bella notizia”.

A cui chiede di credere… Gesù cioè chiede di fidarsi di lui, di dargli fiducia, di dargli ascolto, non ci sta ingannando: Dio è vicino e questa è solo e per tutti una bella notizia.

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1 commento

  1. Usi un stile comunicativo semplice, che fa trasparire al meglio il messaggio propositivo e accattivante del racconto di Marco.
    Grazie Chiara|

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