III domenica di Quaresima (commento)

«Quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» [Rm 5,6-8].

Questo non dovremmo mai dimenticarlo: Dio non ha iniziato ad amarci, quando noi abbiamo iniziato a meritarcelo. La sua scelta di volerci bene, di esserci padre e dunque di considerarci figli è stata una scelta libera e gratuita, non condizionata dalla nostra condotta (interiore o esteriore), proprio come capita a noi quando ci nasce un figlio: non aspettiamo di vedere che scelte farà da grande per decidere se amarlo o no. Dal primo istante gli vogliamo bene incondizionatamente.

Questo non dovremmo mai dimenticarlo, perchè ci ricorda che il mondo non è “strutturato” come noi pensiamo: noi da una parte (e Dio con noi) – gli altri dall’altra, dove “gli altri” nella storia hanno preso innumerevoli fattezze… noi liberi (e Dio con noi) – gli altri schiavi; noi maschi (e Dio con noi) – le altre femmine; noi bianchi (e Dio con noi) – gli altri neri; noi ariani (e Dio con noi) – gli altri ebrei, rom, omosessuali, oppositori politici… noi buoni, bravi, onesti (e Dio con noi) – gli altri cattivi, malvagi e ingiusti. Noi cristiani (e Dio con noi) – gli altri miscredenti, in fin dei conti un po’ meno umani…

No, no, no! Questa strutturazione del mondo, antica come il mondo, tanto funzionale alla categoria di volta in volta vincente, non è quella di Dio. Dio non pensa il mondo così. La lettera ai Romani ci mostra un’altra idea: Dio che ama, da una parte, e tutti gli umani (peccatori uguali – deboli uguali – recettori dell’amore immeritato uguali) dall’altra.

Solo se ci pensiamo così possiamo entrare nell’ottica della samaritana, metterci nei suoi panni e – in fin dei conti – renderci conto che l’evangelista Giovanni ci sta dicendo che la samaritana siamo noi, non gli altri: non le donne separate o con tante relazioni sessuali, non la miscredente, poveraccia che non sa nemmeno con chi si mette a discutere…

Nel dialogo tra lei e Gesù non dobbiamo fare l’errore di metterci dietro a Gesù e fare il tifo per lui come se fosse un talk show: noi siamo lei e – per di più – Gesù fa il tifo per lei! Attenzione dunque a non sbagliare angolatura da cui guardare a questa interlocuzione!

«Le dice Gesù: “Dammi da bere”. (provocazione)

Allora la donna samaritana gli dice: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. (risponde a tono, ironica, fin un po’ sarcastica, ma sta al gioco)

Gesù le risponde: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. (dice il vero, noi lo sappiamo, ma con lei appare un po’ presuntuoso)

Gli dice la donna: “Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?”. (impertinente ma mai maleducata e però curiosa)

Gesù le risponde: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. (perde il tono del battibecco provocatorio con una donna, si fa serio e profondo)

“Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. (coglie il cambio di tono di lui e lo segue su quel nuovo terreno: anche lei si fa seria e profonda. E un po’ speranzosa)

Le dice: “Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui”. (qui lui le dà una mazzata)

Gli risponde la donna: “Io non ho marito”. (un po’ stizzita: appena ha abbassato le difese e ha lasciato emergere un po’ di speranza, viene ferita)

Le dice Gesù: “Hai detto bene: ‘Io non ho marito’. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”. (la rianima, mostrando che conosce la sua situazione di sofferenza e fallimento e le fa un complimento curioso – “hai detto il vero”. Curioso perchè anche di lui si potrebbe dire la stessa cosa: sono due che dicono il vero)

Gli replica la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. (a metà strada tra rinunciare a questa conversazione così promettente che però le sta riservando duri colpi e il rilanciare)

Gesù le dice: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità”. (riprende il tono serio e profondo, per dire – anche lui – il vero)

Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”. (le aveva detto “Voi adorate ciò che non conoscete” e lei ci tiene a dire che qualcosa sa e che sarà il messia a spiegare il resto, ad annunciare ogni cosa)

Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te”». (cadono tutti gli escamotage della conversazione e Gesù mette lì – nuda e cruda – la sua identità)

Il dialogo si interrpompe qui, per l’arrivo dei discepoli. Poi la storia continua con la donna che corre in paese, eccetera eccetera eccetera.

Ma fermiamoci un attimo qui: la samaritana siamo noi, siamo noi, deboli e peccatori, destinatari della rivelazione di Dio, del suo desiderio di entrare in relazione con noi e del suo annuncio che ci ama già, da mo’ – diremmo, se si potessero usare espressioni dialettali.

Lei – siamo noi. Dunque siamo noi che dobbiamo farci interpellare da quel «Sono io, che parlo con te».

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1 commento

  1. In questi giorni “senza”(senza celebrazioni,senza liturgia,senza incontri) sentiamo attuale la domanda
    della samaritana:dove andremo per adorare “Dio”sul monte o nel tempio? la risposta é dritta
    come un raggio di luce:non su un monte,non in un tempio,ma Dentro in spirito e verità.
    Sono io il monte,sono io il tempio dove vive “DIO” (M.Marcolini)

    Ed è così che attorno alla Samaritana nasce la prima comunità di discepoli stranieri. ( P.Ermes Ronchi)

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