Natale 2020 – testo del vangelo + commento

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,1-14)

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

L’annuncio della nascita di Gesù ai pastori è costruito – dal punto di vista letterario – in maniera davvero efficace.

Si parte sommessamente: «C’erano in quella regione alcuni pastori».

E fin qui niente di eccezionale, anzi l’immagine che viene proposta è quella della tipica normalità abitudinaria legata alle attività di campagna.

È poi aggiunto un dettaglio: «pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge».

Nell’atmosfera statica dell’immagine di partenza viene introdotta una “pulsazione anomala”. È notte, ma non si dorme. I pastori non sono nel proprio letto al caldo, ma all’aperto e sono svegli, per fare la guardia al gregge. Sono “svegli” – ecco l’elemento che rompe la staticità. Sono “allerta”: potrebbe accadere qualcosa.

La stessa pulsazione arriva anche a noi lettori: nel “fermo-immagine” proposto all’inizio non tutto è “fermo”. Anche noi ci mettiamo “allerta”.

Ciò che accade però non è ciò che ci si aspetta: non arriva qualche bestia feroce o qualche malintenzionato. A sopraggiungere è qualcun altro: «Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce».

Nella calma placida di una notte uguale a tutte le altre notti, si presenta sulla scena un messaggero di Dio, che avvolge i pastori di luce. Immaginiamoci questa scena: l’evangelista, passaggio dopo passaggio, sta costruendo una parabola ascendente che punta dritta verso un vertice. Non ci siamo ancora però: certo l’irrompere dell’angelo e il suo rischiarare la notte è già un bell’effetto scenografico, ma – se rileggiamo bene – la scena continua a mantenersi sostanzialmente statica: «Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce».

La reazione dei pastori però movimenta il quadro: «Essi furono presi da grande timore». E sembra di vederseli, non più immobilizzati nella ripetizione dei gesti di sempre, ma agitati, frementi, con gli occhi strabuzzati.

«Ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”»: la frenesia e l’inquietudine tornano per un momento a placarsi. Non si tratta di un messaggero che porta cattive notizie. Non c’è da temere. Quello che vuole dire è un vangelo, l’annuncio di una grande gioia, per tutti: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”».

Riparte l’agitazione: Un salvatore? Per noi? Il messia?

Ma nonostante mille domande si agitino nel cuore dei pastori e nel nostro, non siamo ancora arrivati in cima… tutti i passi fatti finora conducono all’ultima parola che l’angelo ha da dire: «Questo per voi il segno»…

Oh mamma mia… eccoci… il segno…

Che segno sarà? Quale segno potrà mai “segnare”, “significare” l’arrivo del salvatore, del messia, di qualcuno che è venuto per noi?

Proviamo a rispondere veramente: quale segno potrebbe essere efficace per dire che è arrivato Dio? Cosa ci viene in mente? Quale sceglieremmo noi?

Dimmi il segno che immagini… e ti dirò chi sei… e che idea di Dio hai…

L’evangelista Luca indica un segno apparentemente deludente. Tutta questa scalata pirotecnica di angeli e luce e messaggi altisonanti dal cielo per indicare «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

Un bambino avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia?

Ma che segno di Dio è?

Se avvertiamo l’incongruenza l’evangelista è riuscito nel suo artificio letterario: portarci a chiederci se il problema è il segno, che ci pare deludente, o l’idea di Dio che abbiamo in testa, che ci fa apparire deludente il segno.

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