V Domenica del tempo ordinario (commento) – Decidere di fidarsi

Settimana scorsa abbiamo lasciato Gesù che se ne andava da Nazareth, sottraendosi alla folla inferocita che voleva gettarlo in un precipizio.

Oggi lo ritroviamo «presso il lago di Genèsaret».

Siamo sempre in Galilea, la regione settentrionale della Palestina, quella in cui Gesù era cresciuto.

È proprio in questo territorio che Egli aveva dato inizio alla sua missione (far conoscere Dio all’umanità).

Dopo Nazareth si era infatti recato a Cafarnao, presso la casa di Simone (a cui aveva risanato la suocera) e dove aveva compiuto diverse guarigioni.

Da lì era poi ripartito sulle strade della Galilea, perché – come aveva detto: «Bisogna che io annunzi il Regno di Dio anche alle altre città».

È proprio sulle rive del Lago di Galilea (altro nome del lago di Genèsaret o di Tiberiade) che si colloca l’episodio che il vangelo di questa domenica ci narra.

Gesù, con la folla che «gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio», trovò un modo perché tutti potessero sentirlo: «Vide due barche accostate alla sponda […] Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra».

In questo modo, potè insegnare alle folle, seduto sulla barca di Simone, che si trovava qualche metro in là dalla riva, nelle acque del lago.

«Quando ebbe finito di parlare», però, non si fece riaccompagnare a terra per poi congedarsi da Simone e dai suoi collaboratori, ma gli disse: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca».

Sarebbe interessante soffermarsi un momento per chiedersi il perché di questa richiesta: perché Gesù non si fece semplicemente riaccompagnare a riva, lasciando che i pescatori terminassero il loro lavoro («I pescatori erano scesi e lavavano le reti»)?

Per provare a rispondere è importante ricordare che – secondo l’evangelista Luca – Gesù e Simone si conoscevano già.

Gesù era già stato a casa di Simone a Cafarnao, gli aveva guarito la suocera. Probabilmente lo aveva seguito sulle coste del lago di Genèsaret (dato che Simone, in quanto pescatore, era esperto della zona), in modo che ognuno svolgesse la sua attività, ma accompagnandosi reciprocamente negli spostamenti.

Si conoscevano già, pertanto, e forse questo ci aiuta a capire perché Simone – di fronte alla richiesta decisamente anomala di Gesù – decida comunque di fidarsi di lui e assecondarlo.

Gesù infatti stava chiedendo a dei pescatori che avevano lavorato tutta la notte senza prendere nulla, di uscire di nuovo in barca, in un orario non indicato per la pesca.

Simone, in effetti, gli fece notare tutto questo: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla».

Eppure – come anticipato – decise di fidarsi della sua parola («sulla tua parola getterò le reti») e l’esito fu stupefacente: «Presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano».

È questo il cuore del testo: fidarsi della parola di Gesù porta vita in abbondanza.

Non si tratta di una fiducia cieca, ma di una fiducia che nasce da una frequentazione, da una conoscenza, che fa sì che l’altro risulti credibile.

Ma la scena non termina qui.

Prosegue con la reazione di Simone: «Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore”».

Il coinvolgimento nell’esperienza di Gesù porta le persone a sentirsi inadeguate, a volersi sottrarre per presunta indegnità.

La risposta di Gesù, però, rilancia, alzando addirittura la posta: non solo ti coinvolgo in una “pesca miracolosa” di pesci, ma ti invito a diventare «pescatore di uomini».

La fiducia di Simone nella parola di Gesù nasconde quindi una previa fiducia di Gesù in Simone.

È in questo scambio di reciproca fiducia che nasce un rapporto per la vita, perché – una volta che Simone si rende conto non solo di fidarsi di Gesù, ma che Gesù si fida di lui – insieme ai suoi collaboratori, lascia tutto e lo segue.

La dinamica che ci è presentata in questo testo è la medesima in cui il Signore vuole coinvolgere ciascuno di noi: farsi conoscere, risultare credibile, degno di fede e a sua volta datore di fiducia.

In un mondo che ci appare sempre più s-fiduciato è forse proprio da qui che bisognerebbe ripartire, per la costruzione di rapporti significativi, che rendano piena la vita di una sovrabbondanza inimmaginabile.

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