XX domenica del tempo

La parabola che il vangelo ci presenta questa settimana è la diretta continuazione del testo di settimana scorsa, che parlava della necessità di pregare sempre.

Oggi ci sono presentati due esempi di preghiera, quella del fariseo e quella del pubblicano.

Solo quella di quest’ultimo viene però apprezzata da Gesù.

Per capire questa sua presa di posizione a favore del pubblicano («questi a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato») è necessario chiarire preliminarmente una serie di cose:

– innanzitutto il contenuto di queste preghiere (leggendo quello che dicono questi due uomini mentre pregano, ci si fa subito un’idea del perché Gesù abbia apprezzato l’uno e non l’altro);

– ma poi anche la loro collocazione sociale (ricordare chi erano i farisei al tempo di Gesù e chi erano i pubblicani rende ancora più clamorose le parole di Gesù).

Partiamo da quest’ultimo punto.

I farisei, nella Palestina dei tempi di Gesù, erano gli scrupolosi osservanti della legge ebraica (contenuta essenzialmente nei primi cinque libri della Bibbia). Essi ritenevano che il Regno di Dio sarebbe giunto quando il popolo di Israele si fosse mostrato obbediente verso l’alleanza stabilita con il Signore. Per questo erano così pignoli nell’osservanza della legislazione e così sprezzanti nei confronti di chi non la rispettava. Facendo un paragone con i nostri giorni, potremmo dire che i farisei erano i cosiddetti “laici impegnati” di allora, i “praticanti”.

I pubblicani invece erano quegli ebrei che raccoglievano le tasse per conto degli invasori romani. Già solo per questo erano piuttosto invisi, ma in più – spesso – riscuotevano somme di denaro maggiori rispetto a quelle richieste e se le intascavano. Questo li rendeva una delle categorie più disprezzate della società ebraica.

Eppure Gesù racconta una parabola in cui il “protagonista positivo” è un pubblicano, mentre l’antagonista è un fariseo.

Trattandosi di una storia inventata da Gesù, la scelta di mettere proprio questi personaggi e attribuirgli proprio questi ruoli, non può che essere sua. Questo ci dà la misura di quanto, spesso, quello che Gesù andava annunciando per le vie della Palestina fosse percepito come provocatorio: un rabbì, un maestro, addirittura uno che viene anche chiamato “profeta” o “Figlio di Dio”

attraversa la terra promessa del popolo eletto raccontando storie in cui i peccatori fanno bella figura e i pii osservanti ne escono con le ossa rotte.

Non è un caso dunque che proprio il potere religioso reagirà e eliminerà Gesù.

Ma veniamo al contenuto delle preghiere. Il fariseo dice: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». Il fariseo cioè vuole mostrarsi come “staccato” dalla massa umana e ovviamente collocato in una posizione superiore; come se dicesse “Sono meglio della media…”.

Il pubblicano invece dice: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Egli cioè non si “stacca” dalla massa umana, ma si colloca al posto giusto, tra i peccatori.

È a questo punto che arriva il commento di Gesù alla storia che Egli stesso ha raccontato: «Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Come dicevamo qualche settimana fa “umiltà” non è “umiliazione”. “Umiliarsi” vuol dire collocarsi sotto agli altri (strisciare). “Esaltarsi” vuol dire collocarsi sopra. “Essere umili” è invece collocarsi al posto giusto, tra gli umani, fatti di humus (da cui sia “umani” che “umili”), fatti di terra, come gli altri, come tutti.

Ecco perché il pubblicano è “giustificato”, perché pregando, cioè parlando con Dio, si colloca al posto giusto, si ricorda qual è il suo posto (non è Dio, non è un verme, è un uomo, un peccatore), ma contemporaneamente viene anche collocato da Dio al giusto posto, Dio gli ricorda qual è il suo posto (non è Dio, non è un verme, è un uomo, un figlio, uno che può riprovarci, ritornare alla vita ponendo magari un nuovo passo, un nuovo passo giusto, un passo di giustizia).

Letture:

Dal libro del Siràcide (Sir 35,15-17.20-22)

Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (2Tm 4,6-8.16-18)

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18,9-14)

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

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