XXXIII Domenica del tempo ordinario (commento) – Fermo immagine

Per comprendere il vangelo di oggi è necessario fare un ripassino…

L’anno della Chiesa – il cosiddetto anno liturgico – non coincide con quello della società (che inizia il 1° gennaio e finisce il 31 dicembre), ma inizia con la 1a domenica di avvento (che cade sempre a fine novembre – inizio dicembre) e termina con la 34a domenica del tempo ordinario (festa di Cristo Re dell’Universo), che ovviamente – essendo l’ultima dell’anno liturgico passato – si celebra la domenica prima dell’inizio dell’anno nuovo (quindi indicativamente a metà/fine novembre).

Per esempio quest’anno, l’ultima domenica dell’anno liturgico (34° del tempo ordinario = Cristo Re) sarà domenica 21 novembre e la prima domenica dell’anno liturgico nuovo (1a domenica di avvento) sarà il 28 novembre.

Come sapete, durante ogni anno liturgico si legge uno dei tre vangeli sinottici, in maniera ciclica: anno A – vangelo di Matteo; anno B – vangelo di Marco; anno C – vangelo di Luca.

Il vangelo di Giovanni non ha un suo anno dedicato perché viene utilizzato nei cosiddetti “tempi forti”.

A proposito di tempi… Ogni anno liturgico (indipendentemente dal vangelo che si sta utilizzando) è organizzato in questo modo:

– si parte, come detto, con l’avvento (tempo di preparazione al Natale)

– segue il Tempo di Natale (che non include solo il 25 dicembre, ma arriva fino all’Epifania)

– inizia poi il cosidettto “Tempo ordinario”, cioè un periodo in cui non ci sono feste particolari (Natale o Pasqua)

– vi è poi la quaresima (tempo di preparazione alla Pasqua)

– poi il tempo di Pasqua (che si estende per circa 50 giorni, fino alla domenica di Pentecoste)

– infine riprende il Tempo ordinario, che accompagna i fedeli fino alla fine dell’anno liturgico.

Indicativamente:

– avvento: 4 settimane tra fine novembre e inizio dicembre (ci si prepara alla nascita di Gesù)

– Natale: 2 settimane tra fine dicembre e inizio gennaio (si parla della nascita di Gesù e della sua infanzia)

– tempo ordinario (I parte): gennaio-febbraio (si iniziano a leggere i vangeli riguardanti la vita pubblica di Gesù: battesimo al Giordano, chiamata dei discepoli, primi gesti e parole)

– quaresima: 40 giorni tra febbraio e aprile in cui ci si prepara alla parte finale della vita di Gesù

– tempo di Pasqua: una cinquantina di giorni in aprile-maggio, in cui si affrontano la passione, morte, risurrezione, ascensione di Gesù e il dono dello Spirito Santo

– tempo ordinario (II parte): da giugno a fine novembre, in cui si legge la restante parte del vangelo dell’anno, fino a prima del racconto della passione (che non viene letto, perché lo si fa in quaresima). L’anno si chiude dunque ad un passo dal racconto della passione.

Ho fatto questa lunga premessa, perché potessimo collocarci: siamo a novembre, siamo alla fine del vangelo di quest’anno (Marco), siamo appena prima dell’inizio del racconto della passione. Gesù infatti è già a Gerusalemme.

A questo punto, credo sia facile intuire che ciò di cui il brano di oggi ci parla, non è la fine del mondo, come il linguaggio apocalittico a cui siamo poco avvezzi potrebbe averci fatto pensare. Il testo fa piuttosto riferimento a ciò che sta per accadere nella vita di Gesù e alle conseguenze che ciò avrà sulla storia dell’umanità.

L’evento preannunciato non è un cataclisma cosmico che farà finire il mondo, ma è la croce di Gesù!

L’anno liturgico si chiude pertanto ricordando che il fulcro della vita cristiana è Lui, la sua croce, la sua fedeltà a se stesso e al suo vangelo fino alla fine.

Oggi, dunque, siamo come portati noi stessi a Gerusalemme, appena prima che capiti tutto, in un fermo immagine in cui però intorno percepiamo l’atmosfera cupa («il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno») e la solennità del momento: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Le «parole che non passeranno» sono quelle che abbiamo ascoltato per un anno… e che torneremo ad ascoltare nella versione di un altro evangelista a partire dalla 1a domenica di avvento. A noi decidere che farne.

Speriamo che le parole che abbiamo scambiato con lui quest’anno (le sue parole e le nostre parole) abbiano accresciuto la nostra relazione con lui.

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