VI Domenica del tempo ordinario (commento) – Un discorso politico di Gesù

Il vangelo di questa domenica è tratto dal capitolo 6 di Luca.

Quello di settimana scorsa apparteneva al capitolo 5.

Per capire lo scenario del testo odierno, è utile vedere cosa “è successo” nel frattempo.

Dopo la proposta fatta da Gesù ai primi discepoli di diventare “pescatori di uomini” e la loro scelta di lasciate tutto e seguirlo, il capitolo 5 ci narra alcune guarigioni, la chiamata di Levi (e il pasto con i peccatori proprio a casa di Levi), le discussioni con i farisei e la scelta dei Dodici.

Immediatamente dopo la costituzione del gruppo degli apostoli, si colloca il brano di oggi.

Come già si nota da una prima lettura, ci sono diverse somiglianze con il famoso discorso della montagna presente nel vangelo di Matteo.

La versione di Luca però colloca queste parole di Gesù «in un luogo pianeggiante» e, seppur torni il celebre incipit delle beatitudini matteane («Beati…»), il numero e il contenuto delle asserzioni di Gesù non è il medesimo.

Luca sceglie di riportare quattro (e non otto) beatitudini e inserire quattro “Guai”.

Inoltre il tono delle frasi è diretto, non generale: Luca non dice “Beati i poveri”, ma «Beati voi, poveri»; inoltre, nella seconda e terza beatitudine, dà un quadro temporale ben definito: «Beati voi, che ora avete fame», «Beati voi, che ora piangete».

In generale, possiamo dire che il tono che Luca dà al discorso di Gesù è diverso da quello che dà Matteo: quest’ultimo usa toni sapienziali, proponendo una sorta di manifesto a-temporale (un po’ etereo?) del volto di Gesù e del cristiano; Luca invece sembra tirarci dentro alla situazione concreta in cui il discorso è stato pronunciato.

Leggendo il suo testo ci sembra di essere lì tra la folla e sentire le parole di Gesù direttamente rivolte a noi.

Il tono è meno spirituale, corre meno il rischio (rispetto a Matteo) di essere immediatamente assorbito nell’interpretazione fuorviante del “soffri nell’aldiqua, ma avrai un premio in paradiso”.

Luca infatti colloca le parole di Gesù totalmente nell’aldiqua: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio» [“è” non “sarà”]; «Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete» [dove il contrasto non è tra “ora” – nell’aldiqua – e un futuro nell’aldilà, ma tra un “adesso” e un compimento promesso da Gesù già in questa vita].

Infine l’ultima beatitudine lucana («Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo»), che fa un esplicito riferimento “al cielo”, è quella che più di tutte ci aiuta a comprendere il senso delle parole di Gesù, secondo Luca.

Gesù non sta dicendo che chi è perseguitato a causa sua avrà una ricompensa in paradiso: la logica del vangelo non è quella del merito-premio, demerito-punizione.

Gesù sta dicendo che nella vita c’è un piano più profondo in base al quale giudicare la propria esistenza: se uno è odiato, messo al bando, insultato, chiamato infame… può rallegrarsi ed esultare, perché – se tutto questo gli capita «a causa del Figlio dell’uomo» (e dello stile di vita che propone) – la sua è un’esistenza di spessore.

Forse un esempio può aiutare: quest’anno ricorrono i 30 anni delle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sicuramente erano persone odiate, messe al bando, insultate, chiamate “infami”… e tutto questo per un ideale pienamente consonante con la proposta di Gesù: la giustizia.

Ecco, loro due, come tante altre donne e tanti altri uomini della storia di questa nostra umanità, davvero potevano rallegrarsi per l’esistenza che avevano costruito: essere felici per le persone che erano; essere sazi, seppur affamati; sorridere, seppur piangevano; esultare, seppur insultati…

Questo è il discorso politico che Gesù fa alla gente, secondo Luca: non importa se siete poveri, se avete fame, se piangete, se siete perseguitati; non è questo che fa di voi delle persone fallite. Ciò che importa è chi siete nel profondo, come agite e con quali fini.

Perché se siete delle persone “per bene”, questo vi sazia, vi fa sorridere, vi fa essere contenti di voi stessi, vi sta facendo costruttori del Regno (di un mondo migliore). E questo basta e fa morire in pace.

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1 commento

  1. Grazie, sono parole rivolte A ME OGGI!

    cercate prima il Regno di Dio, poi Dio ci darà tt il resto!! E non dopo o per merito, perché tutto è dono di Amore: se Lo cerchiamo, lo troviamo, ci aspetta!

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