XXX Domenica del Tempo ordinario (commento) – Il comandamento dell’amore

«Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Quel “dipendono” letteralmente è “essere sospeso”, “essere appeso”. È, per intenderci, lo stesso verbo che Luca usa negli Atti degli apostoli per dire: «Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce».

La traduzione letterale della frase conclusiva del brano di questa domenica suonerebbe pertanto così: «A questi due comandamenti è sospesa/appesa tutta la legge e i profeti».

“Essere sospesi” a qualcosa, “essere appesi” a qualcosa, “essere agganciati” tramite qualcosa, sono espressioni che mi fanno venire in mente l’immagine di una carico sollevato da una gru tramite un gancio. Il carico è sospeso / appeso al gancio. Se il gancio si rompe, il carico precipita, non sta su.

Nel vangelo, il gancio sono i due comandamenti: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente», «Amerai il tuo prossimo come te stesso».

Tutta la legge e i profeti stanno o cadono in base alla tenuta di questo gancio, in base alla conformità o meno a questi due precetti.

Più precisamente: il criterio per “tenere” o “lasciare” la legge e i profeti sono questi due comandamenti. Se la legge o i profeti sono in contraddizione con essi o vengono interpretati in modo da risultare in contraddizione con essi, allora cadono, vanno lasciati cadere, perché non più “agganciati” al messaggio di Dio per l’umanità.

Sarebbe interessante, da questo punto di vista, rileggere tutto l’Antico Testamento e vedere cosa “sta su” e cosa “cade”. O meglio, sarebbe interessante rivedere la nostra interpretazione dell’Antico Testamento e vedere cosa “sta su” e cosa “cade”.

Ma, forse, ancora più interessante, sarebbe provare a fare una disamina di ciò in cui crediamo e vedere cosa “sta” e cosa “cade”, dove “ciò in cui crediamo” non va inteso tanto come “le verità di fede che la tradizione ci ha trasmesso”, quanto “ciò che, nella vita quotidiana, determina i criteri delle nostre scelte, dei nostri pensieri, delle nostre prese di posizione, esplicite o meno…”.

Sarebbe interessante cioè fare un viaggio dentro noi stessi chiedendoci:

  • Questo pensiero che ho su questa questione è in linea con i comandamenti dell’amore (a Dio e al prossimo) che Gesù ha posto come criteri per valutare cosa tenere e cosa lasciare?
  • E questa presa di posizione su questa vicenda (personale, famigliare, comunitaria, politica, ecc…) è in linea con i criteri messi in luce da Gesù?
  • E questo atteggiamento che ho tenuto, questa decisione che devo prendere, questa azione che devo fare… sono in linea?

Cioè: metto come discriminante per le mie scelte l’amore al prossimo? Considero – nel momento in cui valuto il da farsi – le implicazioni che ciò avrà sugli altri? O scelgo (mi determino) sulla base di altri criteri? Quali?

Abbiamo mai pensato davvero a quali siano i criteri che ci spingono a prendere una posizione o un’altra, a fare una scelta o l’altra, ad avere un certo atteggiamento o un altro? O viviamo “così”, senza mai interrogarci veramente su ciò che ci muove?

È rischioso non interrogarsi a questo livello, perché si rischia di essere mossi da qualcosa che non siamo noi a decidere (ferite del passato, retaggi dell’educazione ricevuta, egoismi ben camuffati…).

Credo che il vangelo di oggi sia un invito a provare ad andare oltre la scorza che ci permette di affrontare la durezza della vita, a entrare nel profondo di noi stessi e a “guardarci dentro” per cercare o illuminare i criteri che determinano le nostre scelte, i moventi delle nostre azioni, dei nostri pensieri, delle nostre reazioni, dei nostri atteggiamenti.

Solo quando li avremo scoperti potremo evangelizzarli, cioè conformarli a quando indicato da Gesù, per il quale un criterio di scelta è buono solo se esprime amore per Dio e per il prossimo.

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