Battesimo del Signore

Finite le feste è finito anche il tempo in cui la chiesa si ferma a riflettere sui testi evangelici che parlano di Gesù bambino.

Questa domenica, denominata Battesimo del Signore, ci propone infatti l’inizio della vita pubblica di Gesù, cioè l’inizio di quella parte della sua esistenza per cui è diventato “famoso”.

Come dicevamo settimana scorsa, infatti, dei suoi primi trent’anni di vita, gli evangelisti hanno sentito la necessità di raccontarci molto poco: è dai trent’anni in poi, fino alla morte (e risurrezione), che la vita di Gesù diventa così significativa da dover essere narrata.

L’episodio del battesimo al Giordano è in qualche modo il momento che segna la svolta tra il prima (i primi ignoti trent’anni) e il dopo (la vita pubblica di Gesù, appunto). Tutti e quattro i vangeli ne parlano, seppur con qualche variante, e difatti l’evento è piuttosto noto: tutti ricordiamo l’incontro tra Giovanni Battista e Gesù al Giordano, la voce dal cielo, la colomba… Elementi classici entrati anche nell’arte.

La questione è quindi cercare di capire perché questo gesto e non un altro abbiano segnato la svolta nella vita di Gesù.

Serve dunque innanzitutto riandare al significato del battesimo che Giovanni Battista proponeva al popolo ebraico: si trattava di un’immersione per il perdono dei peccati e contemporaneamente di un re-ingresso nella terra promessa.

L’idea era questa: il popolo ebraico vive giorni amari e questo accade perché si comporta male, si è allontanato dall’alleanza col suo Dio. Serve dunque che qualcuno “suoni la sveglia” e faccia ravvedere la gente, che resasi conto del suo peccato può cominciare una vita nuova, rinnovata, compiendo un gesto simbolico: andare là dove gli antichi padri avevano attraversato il Giordano per prendere possesso della terra promessa dopo la fuga dall’Egitto, uscire dalla terra santa, immergersi nell’acqua del Giordano per purificarsi dalla vita precedente e ricominciare una vita nuova, inaugurata dal re-ingresso nella terra promessa.

Il battesimo di Giovanni ha perciò questa intenzionalità: far sì che le persone, consapevoli della propria condotta, escano dalla terra promessa e vi ri-accedano purificati, per iniziare una vita nuova.

È quello che fa anche Gesù: esce dalla terra santa, si immerge nel Giordano e inizia una vita nuova.

È inutile stare a disquisire su quali peccati avesse da lasciare in fondo al fiume, visto che noi crediamo che non ne avesse: lui le nostre riflessioni filosofico-dogmatiche non le conosceva e perciò si sentiva parte di quel popolo che aveva bisogno di un ricominciamento.

E infatti da quel momento anche lui comincia una vita nuova: lascia Nazareth e inizia la sua missione, far conoscere Dio agli uomini. Un Dio diverso da quello per cui Giovanni aveva fatto tutto il suo ambaradan al Giordano. Giovanni infatti pensava che se gli ebrei vivevano un’epoca misera era per la loro condotta. Come a dire che la loro condotta aveva fatto adirare Dio che perciò gli faceva andar male le cose. Gesù, invece, seppur coinvolto nel gesto simbolico del battesimo di Giovanni scopre e propone un Dio diverso, un Dio che entra in scena sussurrando parole d’amore: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Letture

Dal libro del profeta Isaìa (Is 40,1-5.9-11)

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito (Tt 2,11-14;3,4-7)

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

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