Domenica delle palme

Nella messa della domenica prima di Pasqua la liturgia presenta il testo della passione nella versione dell’evangelista dell’anno, che in questo 2018-2019 è Luca.

Non potendo riportare interamente la narrazione (che si estende per due interi capitoli, il cap. 22 e il cap. 23 del suo vangelo), ho scelto alcune parti che caratterizzano Luca in maniera particolare.

Egli infatti segue lo schema sinottico (ultima cena, orto degli ulivi, arresto e processo ebraico, processo romano, condanna, crocifissione, morte, deposizione nel sepolcro), ma inserisce poi alcuni elementi suoi personali.

Al cap. 22,35-38 per esempio scrive: «Poi [Gesù] disse loro: “Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?”. Risposero: “Nulla”. Ed egli soggiunse: “Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento”. Ed essi dissero: “Signore, ecco qui due spade”. Ma egli disse: “Basta!”».

Nel testo di Luca, a più riprese, si fa riferimento ad una possibile reazione violenta (armata) da parte di Gesù e dei discepoli all’arresto. In questo primo pezzo che abbiamo letto non si capisce molto bene la posizione di Gesù: sta dicendo ai suoi di armarsi o, al contrario, non vuole che ci sia spargimento di sangue?

La risposta rimane sospesa fino ai versetti 47-51 del medesimo cap. 22: «Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: “Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?”. Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: “Signore, dobbiamo colpire con la spada?”. E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: “Lasciate! Basta così!”. E, toccandogli l’orecchio, lo guarì».

Gesù di fronte all’uso della spada dice “Basta!”. Di fronte alla possibilità di usare la violenza, anche la violenza motivata dalla difesa, dalla difesa della propria persona, della propria vita, dice “No!”. Se avesse agito diversamente, il volto di Dio che fino a quel momento si era sforzato di far conoscere agli uomini sarebbe stato smentito. Fino ad allora, infatti, Gesù aveva mostrato che Dio era solo buono, che il male non veniva da lui. Era passato «beneficando e risanando tutti» (At 10,38), non compiendo mai miracoli “al contrario”, con cui causare il male a qualcuno. Ora, il suo annuncio si fa radicale: non solo Dio non infligge capricciosamente il male a nessuno, non solo non infligge il male a chi se lo merita, ma nemmeno lo infligge per salvare se stesso. Nemmeno in questo caso estremo Dio infligge il male all’uomo. Nella storia di Gesù infatti, cioè nella storia dell’incontro tra Dio e l’uomo nel Figlio, solo Dio si fa male, l’uomo no: anche quel servo cui era stato tagliato l’orecchio per difendere Gesù, viene guarito… da Gesù.

Non c’è dunque nessun margine perché il Dio che Gesù ci ha mostrato sia implicabile col male inflitto a un uomo: né è lui a infliggerlo, né in suo nome si può infliggere il male a qualcuno.

Ma questo i suoi non l’hanno mai ben capito.

L’altro elemento caratteristico di Luca è poi il fatto che, dopo il rinnegamento, lo sguardo di Pietro incrocia quello di Gesù. Siamo al cap. 22,60-62: «Ma Pietro disse: “O uomo, non so quello che dici”. E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E, uscito fuori, pianse amaramente».

Molte volte ho provato a immaginarmi questo incrocio di sguardi. Ne ho trovato una bella rappresentazione cinematografica nel film “San Pietro” con Omar Sharif, dove Pietro pronuncia l’ultimo rinnegamento proprio mentre Gesù viene portato fuori dalla casa di Caifa per essere condotto da Pilato. Perciò, nel film (che in sé non è proprio il massimo), Gesù sente la frase di Pietro, senza che Pietro se ne accorga. Ma proprio mentre finisce di pronunciarla, il gallo canta, lui si gira e vede Gesù in catene che lo guarda smarrito.

Mi piace questa resa cinematografica perché mostra Gesù non arrabbiato (come forse istintivamente ci verrebbe da pensare), ma, appunto, smarrito, svuotato, triste fino alla morte. E Pietro che quasi si sgonfia, come uno di quei palloncini che vendono alle giostre, che, perdendo aria, si accartocciano.

In effetti, come in un teatro di marionette, nel vangelo Pietro si accartoccia ed esce di scena, per non ricomparirvi più fino a dopo la risurrezione (Lc 24,12). Sulla scena ormai resta solo il protagonista, Gesù appunto, con piantati nel cuore gli occhi dell’amico che gli aveva detto «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte».

«Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. L’altro invece lo rimproverava dicendo: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”. E disse: “Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò» [Lc 23,33-46].

L’altra caratteristica di Luca che voglio sottolineare è la peculiarità delle frasi che fa pronunciare a Gesù sulla croce. A differenza del “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” di Marco e Matteo, Luca fa dire a Gesù: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» e «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», due delle preghiere più belle di tutto il vangelo.

Esse, inoltre, racchiudono un altro episodio raccontato unicamente dall’evangelista Luca, quello del cosiddetto buon ladrone. A me non piace troppo distinguerlo dall’altro: è molto più ciò che li unisce che ciò che li divide. Sono due ladri, due condannati, due che stanno morendo di una morte orribile. E questo oltre che renderli molto simili e molto vicini tra loro, li rende anche molto simili e molto vicini a Gesù.

Indicano però due modi diversi di stare nelle situazioni: per la disperazione o il troppo dolore si può maledire o maltrattare chi è condannato alla nostra stessa pena (forse perché in lui/lei vediamo noi stessi) o si può solidarizzare, provando compassione (anche qui forse perché in lui/lei vediamo noi stessi). Ma una parola buona tira l’altra e Gesù, prima di consegnare il suo spirito al Padre, assicura a chi gli sta a fianco «oggi con me sarai nel paradiso», che a mio parere significa: “Tranquillo, presto questa pena sarà finita per tutti e tre”. Una parola buona, con cui chiudere la sua vita da uomo.

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