Domenica di Pasqua (commento)

Quando muore qualcuno di caro – e noi bergamaschi lo stiamo sperimentando in tanti – metterlo nella tomba e poi chiudere la tomba dà la sensazione di averlo “messo apposto”, messo al suo posto.

Certo, il dolore non passa, ma in qualche modo, il compimento del rito funebre segna il passaggio di una soglia: inizia il dopo. Lui/lei è apposto. Ora che non dobbiamo più occuparci di loro, nemmeno più del loro corpo morto, inizia il tempo per occuparci di noi, di come fare a vivere senza di loro, di chi siamo ora senza di loro.In questi giorni in cui gli addetti del cimitero di Treviglio fanno fatica a star dietro alle tombe da chiudere, ci rimane – finché non finiscono il lavoro – una certa trepidazione. È come se il passaggio di soglia fosse rimandato di qualche giorno. Restiamo come sospesi. Ancora un po’ in ansia per quei corpi, messi nella tomba, ma non ancora sigillati. Non ancora del tutto “apposto”.

Forse, mai come in questo tempo possiamo perciò capire quello che hanno provato Maria di Màgdala e poi Pietro e il discepolo amato: anche loro non avevano ancora del tutto “messo a posto” Gesù.

Era morto di venerdì pomeriggio, l’avevano messo nel sepolcro il venerdì sera, poi c’era stato il riposo sabbatico (di sabato non si poteva andare al cimitero) e perciò quella domenica mattina Maria (secondo gli altri evangelisti accompagnata anche da altre amiche di Gesù) era andata a vedere che tutto fosse stato fatto con dovizia, a sistemare ciò che ancora andava sistemato… insomma a finire di “metterlo apposto”.

Ma quando arriva, il corpo di Gesù non c’è: «Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due».

Lo spavento, l’angoscia per quello che potrebbe essere capitato a quel corpo, al corpo di una persona a loro così cara, li fa correre. Corre Maria, corre Pietro, corre il discepolo amato.

E insieme alla paura, all’angoscia, mi immagino anche la rabbia, la frustrazione: chi può averlo rubato? Cosa gli faranno?

Il vangelo della domenica di Pasqua, curiosamente, non contiene l’annuncio della risurrezione, solo il racconto della sparizione di un cadavere.

Noi però sappiamo perché quel corpo morto non è più nella tomba, sappiamo come va avanti la storia. Ce lo annunciano gli Atti degli apostoli: «Dio lo ha risuscitato».

Lo scopriranno di lì a breve anche Maria e gli apostoli e i loro sentimenti e le loro emozioni si trasformeranno, anche se nel cuore la paura e l’incredulità un po’ rimarranno:

  • Nel vangelo di Matteo si dice che le donne, dopo aver ricevuto l’annuncio della risurrezione, «abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli» (Mt 28,8);
  • Di questi ultimi, sempre Matteo narra: «Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono» (Mt 28,16-17);
  • Nella finale originaria di Marco, dopo l’annuncio della risurrezione le donne «uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite» (Mc 16,8);
  • E nella cosiddetta “finale canonica”, quella cioè aggiunta successivamente, si dice: «Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala […]. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto» (Mc 16,9-14);
  • Anche il vangelo di Luca è sulla stessa linea: le parole delle donne che annunciano la risurrezione paiono agli apostoli «come un vaneggiamento e non credevano ad esse» (Lc 24,11);
  • E anche quando «Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”», loro, «sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?”» (Lc 24,36-38). «Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”» (Lc 24,41).

Ecco, forse anche il nostro cuore quest’anno, così pieno di morte, si ritrova un po’ incredulo di fronte all’annuncio della risurrezione e soprattutto alla promessa di Gesù che quel destino non è stato solo suo, ma è il destino di tutti.

Forse ci basterebbe vedere i nostri morti “apposto” nelle loro tombe, senza osare sperare di più.

Ma quell’annuncio ci raggiunge lo stesso. Anche quest’anno sarà Pasqua.

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