Viene prima l’amore o viene prima l’osservanza dei comandamenti? (commento al vangelo della VI Domenica di Pasqua)

Nel brano di vangelo di questa domenica ci sono due frasi che sembrano creare confusione:

  • «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti»;
  • «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama».

Da un lato, sembra che prima venga l’amore per Gesù, da cui consegue l’osservanza dei suoi comandamenti.

Dall’altro, sembra che l’osservanza dei suoi comandamenti abbia come conseguenza l’amore per Gesù.

Viene prima l’amore o viene prima l’osservanza dei comandamenti?

È un po’ la stessa questione che si propone con la bontà:

  • Siamo buoni e perciò facciamo cose buone?
  • Oppure, facendo cose buone, diventiamo buoni?

C’è prima l’essere o prima l’agire?

È ciò che siamo che determina ciò che facciamo o è ciò che facciamo che determina ciò che siamo?

Credo che la risposta corretta non sia una scelta netta in un senso o nell’altro.

Piuttosto, mi pare più pertinente istituire una circolarità tra i due momenti: è perché amiamo il Signore che seguiamo i suoi comandamenti ed è seguendo i suoi comandamenti che il nostro amore per lui si realizza.

Forse, per capire ancora meglio la questione, è importante soffermarsi sul senso di quell’“osservare i suoi comandamenti”.

Nel nostro linguaggio, infatti, la parola “comandamenti” ha un’accezione un po’ negativa: dà l’idea di una sottomissione al volere altrui, di un servilismo, di un annullamento di sé.

Ma i “comandamenti” non sono comandi.

Sono piuttosto da intendere come la sintesi (il nucleo incandescente) del modo di pensare e di stare al mondo di Gesù: sono il concentrato dello stile che è venuto a proporci.

Da questo punto di vista, Gesù non sta comandando nulla, ma sta mostrando un modo di essere e di agire che – qualora ci risulti convincente – possiamo liberamente fare nostro.

Ecco perché non c’è un primato tra amare e osservare i comandamenti, perché è esattamente come nelle nostre relazioni umane: quando amiamo qualcuno, mettiamo in atto (non per dovere – altrimenti che amore è?) un modo di agire che concretizzi quell’amore e, contemporaneamente, dando concretezza a quell’amore, amiamo.

Allo stesso modo, amiamo Dio quando troviamo convincente il suo modo di essere e intrecciando la nostra libertà con la sua, costruiamo esistenze amanti; e, contemporaneamente, decidendo di agire come persone che amano, mostriamo il nostro essere stati convinti dal suo modo di essere, mostriamo cioè di amarlo.

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