XXIX Domenica del tempo ordinario (commento) – Il vangelo è un’utopia?

Il brano di vangelo di oggi ci presenta una situazione che abbiamo già incontrato diverse volte: la fatica dei discepoli a “cambiare testa”.

L’avevamo vista nell’episodio del primo annuncio della passione, con Pietro che aveva sgridato Gesù perché parlava della sua fine tragica; era riemersa dopo il secondo annuncio della passione, quando – per strada – gli apostoli discutevano su chi fosse il più grande. E ora si ripresenta per la terza volta (proprio dopo il terzo annuncio della passione, che precede immediatamente l’episodio narrato nel brano di oggi, ma che la liturgia non riporta; Mc 10,32-34).

Chi segue Gesù è ancora convinto che il suo sia un itinerario di grandezza, di gloria, di sopraffazione degli altri, di rivalità e competizione.

Sono disposti a cambiare le regole del gioco, ma non lo scopo: vincere.

Pensano che la proposta di Gesù sia alternativa solo nelle modalità: prima per essere i numeri uno si doveva avere molti soldi, governare le nazioni, opprimere gli altri… ora è necessario lasciare tutto e seguire Gesù… Ma la mira è sempre la stessa: primeggiare sugli altri.

Gesù, invece, con rinnovata pazienza, prova a spiegare che non sono solo cambiati i mezzi, ma anche il fine. La con-versione che lui chiede, il cambio di mentalità, è più radicale di quello che essi pensano.

Non si è più all’interno dello stesso schemino, dentro al quale per arrivare all’obiettivo basta cambiare la strada: bisogna piuttosto rompere del tutto lo schema, scoprire che c’è un altro modo di pensare e vivere la vita, con altri scopi, altri desideri, altre modalità.

La proposta di Gesù infatti non è quella del cammino individuale, dove il singolo deve arrivare (primo), ma è comunitaria: lo scopo è stare meglio tutti e costruire relazioni di bene che sfondino anche la barriera della morte (in questo senso, ci si salva solo insieme).

Ma se il centro è la relazione, l’amore, la cura, non ci può essere spazio per la competizione, la rivalità, la graduatoria, l’egoismo, l’egocentrismo…

È proprio un altro modo di guardare all’esistenza, di pensare se stessi e gli altri: per il vangelo nessuno è solo un “uno”, ma è sempre un “uno-in-relazione”, legato agli altri (a tutti gli altri) dalla comune carne umana e figliolanza divina, che ci fa consanguinei, figli dello stesso Padre/Madre/Amore.

Guardare al mondo da questa nuova prospettiva con-verte davvero, perché se in ogni essere umano io scorgo non un estraneo, non un potenziale nemico, non un rivale, non una persona di cui non mi interessa nulla, ma “una/o dei miei”, “una/o come me”, “una/o originariamente legato a me”, allora lo guarderò diversamente: diversi saranno i miei pensieri nei suoi confronti, diverse le mie parole, i miei gesti, le mie reazioni, le mie scelte.

In un mondo che pare volerci sempre far giocare ad un “tutti-contro-tutti” il vangelo propone la logica del “tutti-per-tutti”.

Utopia?

Beh, se nemmeno i cristiani, cioè quelli che hanno più facilmente sottomano la proposta di Gesù, gli credono… sì, resterà un’utopia.

Ma se magari qualcuna/o comincia a dargli retta, a fidarsi, a provarci, magari qualche piccolo pezzetto di Regno spunta.

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1 commento

  1. Parole che condivido e cerco di vivere io x prima e poi trasmettere alle nuove generazioni…in qs nostro tempo in cui ‘io’ pare esser diventato quasi ‘dio’….
    Io credo nel Dio trinitario, in Gesù Cristo che ha rivelato l’Amore del Padre facendosi prossimo a noi!

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